Iperiflessione e agopuntura

Iperiflessione e agopuntura

Agopuntura iperiflessione
Agopuntura iperiflessione

La riflessione eccessiva o iperiflessione è per la agopuntura un’espressione disarmonica, esagerata e inefficace del campo emozionale in oggetto. La riflessione eccessiva o iperiflessione deriva da un’esperienza conflittuale che sovraccarica la normo riflessione. L’essere umano così stimolato ha motivo di disattendere la necessità biologica di una riposta immediata.  Nell’ iperiflessione ci troviamo in un campo emozionale in cui la funzione d’integrazione emotiva appare come deformata sotto una lente d’ingrandimento e oltretutto fissata su alcuni punti eccessivamente.

Il soggetto in iperiflessione non riuscendo a tornare nel proprio equilibrio emotivo, esagera nel riproporsi ciclicamente situazioni conflittuali e diventa ossessivo. In iperriflessione si ripete un ragionamento, un comportamento o un rituale senza che questo sia più un precursore di soluzione. Compare una compulsione alla ripetizione ossessiva di gesti, comportamenti e pensieri che non assolvono più alla maturazione emotiva del soggetto emozionante.

Il primo rituale implica il tentativo di risolvere. L’insuccesso di questo tentativo invece di indirizzare verso una nuova possibilità induce una ripetizione della stessa compulsiva quanto inefficace. In questa condizione il soggetto è come imprigionato nel suo mondo ripetitivo e non può uscirne.  Il soggetto affetto da iperriflessione tenta inizialmente tramite una ripetizione verso la soluzione anelata. Egli è però attratto più dal mezzo che dal risultato e ne resta imprigionato. Come un motore che gira a vuoto, l’iperiflessivo brucia se stesso senza acquisizione di beneficio alcuno. L’assenza di libertà provoca disagio sia per l’iperiflessivo sia per che gli è vicino, determinando la pena infinita di questa condizione. Questa coazione a ripetere una sequenza di pensieri non possiede più la finalità originale di regolare un comportamento o affrontare una difficoltà. Tale sequenza di pensieri imprigiona il soggetto in un circuito mentale che si autosostiene. La risposta reale a difficoltà ambientali è scarsa, talvolta assente. Il soggetto in iperriflessione è risucchiato dalla sequenza di pensieri che è costretto a pensare e ripensare. Questa condizione determina una particolare forma d’insonnia. Il soggetto con riflessione eccessiva non si addormenta più quando il ritmo circadiano e la opportunità lo indurrebbero. Solo quando queste sequenze di pensieri inutili quanto stancanti lo esauriscono, crolla di un sonno difficilmente ristoratore. Anche il risveglio da questo sonno disturbato è altrettanto caratterizzato dalla ripresa senza sosta della sequenza pensiero interrotta. La fissazione delle argomentazioni, il rapportare ogni evento di vita alla stessa sequenza di ragionamento inducono amici e famigliari ad un distacco progressivo, che aggrava la condizione di isolamento dell’iperiflessivo. Mentre un ipocollerico può essere sfruttato per le su competenze parziali e quindi ha una seppur discutibile relazione sociale, l’iperiflessivo viene abbandonato a se stesso. In alcuni casi la sequenza di pensieri obbligati può essere commutata in una sequenza di azioni obbligate. La compulsione a lavarsi le mani, la compulsione a controllare che il gas o le finestre siano chiuse, sono solo due esempi.

Per liberarsi dalla prigione mentale la sequenza pensieri o emozioni “prigione” è trasferita in una serie di gesti “prigione”. Il soggetto in iperriflessione è obbligato a un rituale mentre la sua sofferenza appare come sospesa dal rituale. Questa sospensione è transitoria e induce alla ripetizione penosa e inutile del rituale stesso. Anche alcune forme di dipendenza trovano spiegazione in questo meccanismo. Per esempio si consuma compulsivamente un genere voluttuario senza gioia e consapevolmente del danno connesso. Il soggetto con riflessione eccessiva è consapevole delle lesioni che induce, ma compulsivamente ripete la situazione conflittuale precisamente fino al suo esito scontato. L’iperiflessione sospende la capacità di regolare le emozioni. L’ossessione dell’iperiflessivo è una sequenza di atti, pensieri ed emozioni che è ripetuta in assenza di qualsiasi miglioramento.

L’ iperiflessione tende a coinvolgere alcune tematiche maggiormente. La nutrizione è spesso oggetto di ritualizzazione compulsiva. Il soggetto non mangia perché si nutre, ma mangia perché è costretto. Il gioco può essere vissuto compulsivamente e da opportunità di ricreazione diviene una prigione di sofferenza. Il consumo di sostanze esaltanti una qualità fisica o emotiva, imprigiona il paziente con iperiflessione nella trappola della dipendenza. Anche un preciso rituale di violenza può essere la prigione dell’iperiflessivo e configura il campo della violenza seriale. La sessualità di un  soggetto con riflessione ecccessiva è forse la più offensiva per il partner tra quelle espresse dai quindici campi emozionali. La sessualità compulsiva priva, infatti, il partner di qualsiasi significato affettivo. La sua presenza è richiesta solo ed esclusivamente come esecutore del rituale sessuale. L’iperiflessivo non ama il partner, ma dipende dal rituale che stabilito con lui. Pertanto il partner può essere sostituito, il rituale mai. L’iperiflessivo cambia partner senza sofferenza però solo ed esclusivamente se individua qualcuno che esegue meglio il rituale sessuale. Altrimenti è capace di violenza nei confronti del partner obiettore. Anche se non avviene sostituzione, il partner dell’iperiflessivo mai è scelto perché amato, ma solo per l’esecuzione di gesti che non arrecano appagamento a nessuno dei due.

La relazione tra un soggetto  con iperiflessione e uno iporiflessivo tende a determinare una sorta d’incastro emotivo. Infatti l’iperiflessivo che richiede compulsivamente un comportamento facilmente incontra qualcuno disposto a fornirlo senza farsi troppe domande. I due stabiliscono un accordo di reciproco sfruttamento che tende a essere uno dei più solidi nel tempo. La relazione fissa tra cliente e prostituta può essere letta in tal modo. Anche la violenza che talvolta ne costituisce la degenerazione, è in relazione all’incapacità del soggetto affetto da riflessione eccessiva a qualsiasi tentativo di adattamento. Quando alla compulsione sessuale si aggiunge anche l’alcolismo allora la relazione può esacerbare in forme grottesche quanto inaspettate di sofferenza e violenza.

Il campo emozionale  espresso dal paziente è oggetto di interesse  nell’ agopuntura. Per l’ agopuntura la comprensione di una patologia  si esercita anche nell’analisi delle emozioni e dei comportamenti impegnati dal malato nella malattia.  Il pregio del trattamento con agopuntura risiede nel fornire uno strumento  di terapia privo di effetti collaterali che aiuta il paziente anche in una crescita coscienziale e pacificazione emozionale.   La cura  e il trattamento della malattia diventa in agopuntura una presa in carico della persona per i suo aspetti somatici e per la crescita che ogni sofferenza implica nel malato.  Anche se si applica l’ agopuntura  considerando i campi emozionali, è  sempre necessaria una valutazione dei sintomi espressi, degli  esami clinici ai fini di  una corretta  diagnosi clinica. La considerazione in terapia  dei campi emozionali serve a distinguere le cause contingenti della malattia, dalle emozioni implicate e implicanti. Il trattamento tramite agopuntura è pertanto sempre e comunque un atto medico, il quale deve essere competente sia nella medicina tradizionale, sia nella medicina moderna. L’ iscrizione presso l’ Ordine dei Medici e presso il Registro dei medici che praticano l’ agopuntura sono una indicazione sulla qualità della formazione ricevuta dell’operatore. La agopuntura non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale. Al contrario l’ agopuntura stabilisce con esse una virtuosa sinergia e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.

Dott. Fabio Elvio Farello, Agopuntura a Roma

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